Ciclismo e aerodinamica, il contributo della Galleria del Vento

Prestazione atletica e aerodinamica complessiva del sistema bici+ciclista: telai, componenti e abbigliamento vengono progettati considerando sempre più i fattori che la influenzano. Siamo andati nella Galleria del Vento del Politecnico di Milano per approfondire la dinamica delle biciclette e comprendere meglio i test sull’aerodinamica.


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Negli ultimi tempi le Case produttrici di telai, componenti vari, caschi e abbigliamento hanno intensificato le proprie campagne pubblicitarie nella direzione dell’aerodinamica. I messaggi lanciati dal marketing sono sempre più entusiasmanti, promettendo iperbolici risparmi di watt su quel telaio, quel casco, quel manubrio, quelle ruote, quel body… e così via. Diciamo subito che non si tratta di bugie commerciali, ma di dati realmente certificati. Tuttavia, l’efficienza aerodinamica non deve fermarsi al miglioramento del singolo componente, ma deve essere misurata sull’insieme che forma il sistema propulsivo completo bicicletta+ciclista. Mettere assieme i singoli migliori componenti dal punto di vista aerodinamico non garantisce affatto il miglior risultato complessivo.

AERODINAMICA
L’aerodinamica è quella disciplina che studia le forze che si producono in un fluido e le modalità con cui tali forze interagiscono su un corpo. L’interazione avviene attraverso lo scambio di pressione tra il corpo e il fluido. Giova ricordare che l’aria in cui ci muoviamo è un fluido, al pari dell’acqua, soltanto meno denso. La presenza del corpo nel fluido induce a una deformazione del fluido stesso, generando delle forze, dette fluidodinamiche. Gli effetti fluidodinamici vengono schematizzati con una forza che viene scomposta in due direzioni, una parallela al moto, chiamata “resistenza” o drag (quella che più interessa nel ciclismo) e una perpendicolare, chiamata “portanza” o lift (fondamentale negli aeri e nelle vetture sportive, perchè è la componente che si sottrae o si somma al peso). La resistenza del corpo immerso nel fluido è dovuta alla scia generata dal corpo stesso, la quale ha pressione più bassa rispetto al lato sopravento. La resistenza è generata dalla differenza di pressione tra la parte frontale e quella posteriore del corpo stesso.

La resistenza aerodinamica (drag) viene espressa con questa formula:

R = ½ * r * A * Cx * V2

R è il valore della resistenza cercata, il drag che tutti noi ciclisti vorremmo azzerare o diminuire il più possibile. ½ è una costante utilizzata nel calcolo. r è la densità del fluido, definita come massa/volume, che per l’aria in condizioni standard è di 1.2 kg/m3. A è l’area efficace della sezione trasversale, espressa in metri quadrati. Cx è il coefficiente di forma, correlato alle caratteristiche geometriche del corpo. V2 è la velocità di movimento, espressa in metri al secondo, elevata al quadrato.

Dunque la forza aerodinamica è funzione esponenziale della velocità, per cui aumentando di poco la velocità aumentano molto le forze in gioco. Questo fenomeno è ulteriormente amplificato se si analizza la potenza necessaria per vincere le resistenze aerodinamiche, data dal prodotto della forza per la velocità.

P = R * V e quindi P = ½ * r * A * Cx * V3

Vediamo allora che la potenza necessaria per vincere il drag è funzione cubica della velocità. In parole povere, volendo raddoppiare la velocità occorre applicare una potenza otto volte maggiore. Ecco spiegato un motivo per cui è molto difficile battere i record esistenti, come quello dell’Ora, e il miglioramento che ne scaturisce è sempre minimale.

L’aerodinamica e il ciclismo
Quanto è importante l’aerodinamica nel ciclismo? Beh, consideriamo che, in condizioni normali, con una bici da corsa, a 30 km/h il “drag” assorbe circa l’80% della potenza espressa dal ciclista, e che a 50 km/h occorre sacrificare il 94% della potenza per vincere la resistenza aerodinamica.

Quando pedaliamo, il flusso d’aria investe la sezione frontale del nostro sistema bici+ciclista e ne percorre la forma in regime laminare (in cui il moto del fluido avviene con scorrimento di strati infinitesimi gli uni sugli altri senza alcun tipo di rimescolamento), fino a incontrare una variazione di forma tale da innescare il passaggio a un regime turbolento (in cui i vortici prevalgono sui fenomeni viscosi, che mantengono il parallelismo degli strati del fluido). Ed è proprio il regime turbolento a generare il “drag”, il trascinamento che ci trattiene impedendoci di proseguire il nostro moto in base alla forza applicata. Appare dunque evidente come la ricerca della riduzione della superficie impattata dall’aria, e conseguentemente del “drag”, la forza resistente, sia importantissima nel campo ciclistico. Essa avviene studiando la fluidodinamica applicata a bicicletta, posizione dell’atleta in sella, componenti, accessori, abbigliamento e tutto quanto compreso nel sistema bici+ciclista.

L’immagine a fianco schematizza i diversi coefficienti di forma (Cx) di alcuni oggetti. Interessante notare come la sfera abbia un Cx uguale a quello di un’ala invertita, mentre il miglior Cx tra gli oggetti raffigurati è quello dell’ala degli aerei. La resistenza aerodinamica di un corpo è data principalmente dalla larghezza della scia che scaturisce dalla separazione del fluido a livello dello strato limite. La larghezza della scia dipende dal punto di separazione in cui il fluido di stacca dal corpo. La posizione di questo punto è funzione della tipologia dello strato limite a parete, che dipende anche dalla finitura della superficie del corpo.

La resistenza aerodinamica non è l’unica forza coinvolta dal moto espresso durante la pedalata. Vi è anche una resistenza al rotolamento (attrito espresso dagli pneumatici verso il suolo) e una resistenza dovuta alle frizioni delle parti meccaniche (movimento centrale, pedivelle, mozzi, ecc). Ma va da sé che la riduzione del “drag” è quella che porta i maggiori benefici in termini prestazionali.

Abbiamo trattato l’argomento con i professori Marco Belloli, Stefano Bruni e Stefano Giappino, docenti del dipartimento di Ingegneria meccanica del Politecnico di Milano, durante un seminario presso la Galleria del Vento organizzato in collaborazione con RCS Sport, al quale hanno aderito numerosi ciclisti professionisti e direttori sportivi di squadre come Etixx-Quick Step, FDJ, Orica GreenEdge, IAM Cycling, Cannondale-Garmin, Tinkoff-Saxo, Trek Factory Racing, Colombia e RusVelo, nonché esponenti di aziende tra cui Campagnolo, Castelli, Colnago, Deda Elementi, FSA, Pinarello, Sportful, 3T e Zero Industry, oltre alla stampa del settore. Presente anche il professionista Simon Clarke (Orica GreenEdge), australiano domiciliato da tempo a Varese.


Una immagine della struttura della Galleria del Vento del Politecnico di Milano

Galleria del Vento
La GVPM (Galleria del Vento del Politecnico di Milano) è situata presso il Campus Bovisa Sud. E’ un impianto a circuito chiuso con layout verticale, al cui interno si trovano due sezioni di prova, dalle caratteristiche complementari, ottimizzate per le prove di Ingegneria del Vento (sezione a strato limite) e per quelle in ambito aeronautico. La GVPM è equipaggiata con 14 ventilatori in parallelo, del diametro di 2 metri ciascuno, che erogano una potenza complessiva di 1.5 MW (MegaWatt). Un sistema computerizzato di supervisione assicura l’esecuzione di prove a elevato grado di automazione, nel rispetto di tutti gli standard imposti.

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La sezione di prova a strato limite della GVPM

La parte superiore dell’edificio ospita la sezione di prova a strato limite, le cui dimensioni sono 14x35x4 metri. La velocità massima del vento in questa sezione è di 16 m/s, pari a 57.6 km/h, con un Indice di Turbolenza (IT) inferiore al 2%, con possibilità di simulazione dello strato limite tipico del vento terrestre (IT>25%). Questa sezione è dotata di un tavolo girevole su cuscino d’aria, il cui diametro è pari a 13 metri, integrato nel pavimento, con possibilità di allestimento di modelli complessi (carico massimo 100.000 Newton) e gestione automatizzata del cambio di esposizione al vento. E’ proprio in questa sezione a strato limite che avviene la maggior parte dei test sulle biciclette e sui ciclisti.

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La bicicletta viene fissata su un supporto che consente la rotazione di entrambe le ruote, con due rulli collegati tra loro da una cinghia dentata, e permette all’atleta di assumere la posizione preferita. Sulla base, davanti alla ruota anteriore, si trova un display che informa il ciclista dei vari dati rilevati durante la prova. Il supporto bici può essere applicato a entrambi gli assi oppure a uno solo, in base alla tipologia di misurazione che si vuole effettuare. Sotto alla base si trova una grande bilancia di precisione (del peso di 12 kg e del costo di circa 100.000 euro) che misura la forza di trascinamento (drag). Alcune telecamere riprendono gli esperimenti e interfacciano le immagini con il rilevamento dei dati strumentali. In questo caso è possibile utilizzare fumi colorati per osservare meglio il drag. Per taluni esperimenti, al posto dell’atleta viene utilizzato un manichino.

La parte inferiore della GVPM è invece occupata dalla camera di prova aeronautica, che misura 4×3.84×6 metri, con la possibilità di effettuare prove sia in camera chiusa sia in getto libero. In questo ambito, la velocità massima del vento è di 55 m/s, cioè di 198 km/h, con un IT<0.1%. Esistono due camere di prova chiuse intercambiabili, cosa che consente di allestire una prova durante il funzionamento dell’altra. Ciascuna camera è dotata di un piano rotante circolare del diametro di 2.5 metri e di un sistema di traversi che permette di muovere una sonda a valle del modello per effettuare rilievi di scia, variando anche l’angolo d’incidenza.

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La sezione a strato limite viene utilizzata da molte Case ciclistiche, produttrici non solo di telai ma anche di componenti e abbigliamento. Proprio in questa sezione, MET ha ingegnerizzato il suo casco Manta. Qui si recano molti professionisti per ottimizzare la propria posizione in funzione delle prove a cronometro.

Le misurazioni in ambito ciclistico non rappresentano tuttavia il “core business” della GVPM, impegnata in progetti di ben altra portata. Si pensi che da qui sono partiti i successi delle sofisticate e costosissime imbarcazioni Luna Rossa e Oracle, qui si studia la resistenza al vento di strutture come il ponte sul Bosforo, la torre Isozaki, la copertura dello Juventus Stadium, il polo fieristico di Expo 2015 a Rho, l’aerodinamica di treni, elicotteri, pale eoliche e quant’altro venga influenzato dai flussi d’aria.

La Galleria del Vento e il ciclismo
Le misurazioni effettuate in Galleria del Vento per quanto riguarda il ciclismo sono rivolte al miglioramento dell’efficienza aerodinamica, parametro che può portare benefici molto grandi in termini prestazionali. Gli obiettivi sono la riduzione della superficie di esposizione all’aria e l’ottimizzazione della posizione di guida, dell’abbigliamento e dei componenti.

La riduzione della superficie di esposizione all’aria riduce notevolmente il drag. Ma il nostro corpo è piuttosto tozzo e non può essere modellato in modo da renderlo più affusolato e quindi più aerodinamico. Nella Galleria del Vento vengono condotti esperimenti su diversi modelli, per stabilire il risparmio energetico e l’incremento di velocità derivanti da una ipotizzata riduzione della superficie esposta all’aria. Ipotizzando una superficie di 0.240 m2, riducendola di 0.005 m2 (cioè del 2.1%) conduce a un risparmio di 8.2 watt alla velocità di 50 km/h, oppure a un incremento della velocità di 0.34 km/h a parità di potenza, e a un risparmio di tempo di quasi 25” sulla distanza di 50 km. Riducendo ulteriormente la superficie di 0.020 m2 (8.3%) si risparmierebbero 33 watt a 50 km/h, o si aumenterebbe la velocità a 51.44 km/h erogando la stessa potenza, risparmiando ben 1’41” sulla distanza di 50 km.

Per quanto riguarda la posizione di guida, gli attuali vincoli imposti dall’UCI consentono soltanto una postura tradizionale, adottabile sulle comuni bici da corsa, oppure da cronometro, due configurazioni ancora lontane dalla migliore posizione aerodinamica che potrebbe assumere il corpo umano. Ma tant’è. L’importante è sapere che dobbiamo minimizzare la superficie frontale, posizionando il busto il più possibile parallelo al terreno, senza penalizzare la capacità di fornire potenza meccanica. Ciò consente di aumentare la velocità, a parità di potenza espressa, oppure di raggiungere una certa velocità diminuendo la potenza necessaria per mantenerla. Le rilevazioni effettuate nella GVPM hanno stabilito che la posizione di guida può aumentare o diminuire il drag fino all’11%. La sola testa del ciclista ha una incidenza dell’1.8% (il drag diminuisce all’abbassarsi del capo).

La riduzione della superficie esposta all’aria passa attraverso lo studio di ogni singola componente del sistema bici+ciclista. Ciò che influenza maggiormente l’aerodinamica è la ruota anteriore, poiché è il primo ostacolo incontrato dal flusso dell’aria frontale. Una ruota lenticolare garantisce la migliore penetrazione aerodinamica, innescando le turbolenze del drag solo dopo la sua intera sagoma. Tuttavia, una ruota lenticolare porta a criticità in presenza di forze laterali, come il vento, che complicano ulteriormente i due tipi di moto della ruota, quello traslatorio (lungo il senso di marcia) e quello rotatorio (intorno all’asse dei mozzi), rendendo molto difficoltosa la guida. Ecco perché le ruote lenticolari vengono utilizzate quasi esclusivamente su piste indoor, non soggette a vento laterale.

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Le ruote ad alto profilo portano indubbi vantaggi aerodinamici in molte situazioni, risentendo però della massa inerziale durante le salite. L’utilizzo in fase costruttiva di materiali sempre più leggeri le sta rendendo tuttavia sempre più performanti e utilizzate.

Il casco è un accessorio che influenza parecchio la resistenza aerodinamica, essendo un elemento che, normalmente, si posiziona nella parte frontale della forma bici+ciclista. Qui al Politecnico hanno effettuato numerose misurazioni aerodinamiche su un numero sufficientemente ampio di caschi, arrivando a determinare che la differenza di resistenza aerodinamica complessiva utilizzando un casco da cronometro e un casco aperto e ventilato è nell’ordine del 5% a favore del casco da cronometro. I caschi chiusi, non da cronometro, ultimamente molto in voga tra i professionisti, portano benefici mediamente inferiori al 3% rispetto ai caschi più aperti. Ad ogni modo, più un casco è chiuso e dalla forma allungata e maggiore è il beneficio aerodinamico.

Non meno importante per diminuire la resistenza aerodinamica è l’abbigliamento, la cui ricerca scientifica è orientata soprattutto alla tipologia di tessuti utilizzati. Nella Galleria del Vento è stato accertato che la rugosità della superficie influenza parecchio il drag. Una superficie rugosa crea delle micro-turbolenze che trattengono più a lungo il flusso d’aria, variando il punto di separazione tra il fluido e il corpo solido, allungandone e restringendone la scia, garantendo così un minor drag rispetto a una superficie completamente liscia. Per l’abbigliamento si lavora dunque per produrre indumenti che riescano a combinare parti lisce e parti rugose, collocandole nelle zone strategiche, prestando attenzione anche alle cuciture, che devono rimanere il più lisce possibili. Il beneficio in termini aerodinamici di un abbigliamento rispetto a un altro è quantificabile in un 5%.

Il drafting, cioè il pedalare in fila, l’uno nella scia di chi lo precede, porta enormi vantaggi ai ciclisti che seguono il capofila. Il beneficio del secondo atleta in termini di resistenza aerodinamica è di circa il 45%, valore che aumenta con l’aggiunta di altri componenti la fila. Vi è comunque sorprendentemente un miglioramento del drag, tra il 2% e il 3%, anche per il capofila, che pur dovendosi assumere l’onere di rompere il flusso fontale si trova parte della propria turbolenza posteriore frammentata dal compagno che lo segue, sottraendogli parte della resistenza aerodinamica.

Il procedere in gruppo, dal punto di vista aerodinamico è ancora più vantaggioso, per alcuni in misura maggiore rispetto ad altri. L’immagine sopra riportata rende bene lo stato delle cose.


Si ringrazia per il contributo il Politecnico di Milano, i suoi illustri professori Marco Belloli, Stefano Bruni e Stefano Giappino, RCS Sport per l’organizzazione dell’evento.

Simon Clarke (Orica GreenEdge) con il professor Marco Belloli nella sezione a strato limite della GVPM

Simon Clarke (Orica GreenEdge) con il professor Marco Belloli nella sezione a strato limite della GVPM


Articolo a cura di Roberto Chiappa

2 commenti

  1. Ottimo articolo dall’interessante contenuto tecnico che coniuga con semplicità aspetti puramente teorici ad elementi pratici e concreti (materiali ed oggetti chiamati in causa).
    All’inizio mi ha un po’ spiazzato l’accezione “strato limite” per la su evidente assonanza con “stato limite” (tantè che ho pensato ad un mero errore di stampa) poi son andato a rivedermi entrambe le definizioni con relative formule e mi sono chiarito ogni dubbio.
    Complimenti per questo sito e grazie per le informazioni presenti ed i futuri aggiornamenti.

    • Roberto Chiappa

      Ciao Claudio,
      ti ringraziamo per i complimenti, che rappresentano lo stimolo per continuare e migliorare il livello di informazione e contenuti.
      Sinceri auguri per un entusiasmante anno 2018 e… buone pedalate !!

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