Il “Gancio Rosso” di Jasmine Dotti

Dalle categorie giovanili al professionismo, tra gare su strada e ciclocross, la carriera sportiva di Jasmine Dotti è passata attraverso molti successi, anche in campo internazionale, fino a incontrare la passione per lo “scatto fisso”, con il “Red Hook Criterium” e la conquista della maglia iridata di specialità.


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Jasmine Dotti ci porta nel mondo delle gare a scatto fisso. 23 anni, una maglia iridata, un sorriso che conquista e due amori: Daniele e Oreste (il gatto che sconta gli arresti domiciliari presso casa sua). Nel circuito “Red Hook” corre da poco, ma ha alle spalle una carriera costellata di successi su strada e nel ciclocross.

Nell’epoca della multi-disciplina è saltata sulle bici “fixed” diventando in pochissimo tempo una delle atlete più importanti nel panorama nazionale e internazionale. Ecco il racconto del suo primo anno.

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Partiamo dall’inizio: la tua prima Red Hook
Partiamo dal vero inizio: il mio primo allenamento al Parco Lambro, c’eri anche tu, ricordi? Eravamo pochissime e nemmeno tutte con la fissa, io ero li con la bici da corsa. Non sapevo nemmeno come arrivare da Via Feltre alla partenza e ho chiesto al primo che passava (incontro fortunato perché il primo che passava era Daniele, il suo attuale ragazzo, ndr). Quella sera mi sono divertita parecchio, ma pensavo rimanesse un’esperienza isolata perché avevo già un programma di gare per il 2015. In seguito, Luca Oscar ha iniziato a tempestarmi di messaggi, quasi come uno stalker, per propormi di correre con il suo team e a fine stagione ho accettato di provare una gara: la Red Hook 2015 di Milano.

Ho provato la bici il mercoledi prima della gara, era la prima volta che salivo su una fixed, e alla Bovisa quella sera c’era una gara clandestina: la Red Hook in Graziella. Mi sono ritrovata a rientrare al paddock spingendo proprio un signore con la Graziella! La gara però è stata un’autentica emozione. Avendo corso per un paio di stagioni in Inghilterra, facendo molte gare in circuito, ho accumulato un po’ di esperienza, che in quella gara mi ha aiutato moltissimo. Sono stata sempre nel gruppo di testa, sempre al massimo per tutta la gara, e al traguardo ero sesta. Così ho deciso di continuare nel 2016 con il Team Oscar Cycling.

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Un’ottima scelta vista la maglia che ti sei portata a casa
Si ma non me l’hanno regalata, l’ho sudata e sofferta. Per vincerla ho dovuto prima imparare a perdere. Non sai quante volte un problema meccanico, un infortunio, un dettaglio qualsiasi mi ha privato di un buon risultato. Come alla Red Hook di Brooklyn 2016, dove sono arrivata preparatissima ma sono stata male il giorno prima della gara.

A Berlino c’erano praticamente tutte le migliori e, ti assicuro, nessuna era li per fare turismo. La gara poi è tutto fuor che semplice: si svolgeva su un percorso in linea anziché in circuito ed era impossibile memorizzare le traiettorie di tutte le curve. La sera prima, insieme a Daniele, ho guardato il percorso su Google Maps ma era troppo lungo per impararlo tutto.

In gara ho deciso di attendere gli eventi, sono stata davanti insieme alle prime, gara di testa ma sempre coperta poi, ai 300 metri dal traguardo, sono partita. Ho dato tutto perché sapevo di avere nelle gambe quella distanza e infatti nessuna è venuta a prendermi.

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E veniamo alla Red Hook 2016, dove in gara ti ho visto soffrire
Per raccontarti la mia Red Hook devo raccontarti il mese precedente alla gara: in settimana lavoravo in un negozio a Milano (il Rapha Pop Up store, ndr) dove orari e straordinari mi lasciavano poco tempo per gli allenamenti, mentre nel weekend avevo il mio programma di gare, anche una a settimana.

Il mercoledi prima della Red Hook ho partecipato al ride organizzato dal negozio. Per uscire da Milano dovevamo attraversare un incrocio che è praticamente un prato di binari del tram. Ho deciso di lasciare ai clienti/partecipanti la linea migliore e sono passata sui binari. Neanche il tempo di pensare che la ruota si infilava tra i binari, sono riuscita a tirarla fuori con un colpo di reni, finendo però in un altro binario. Stessa manovra, ma mi ritrovavo dentro un terzo binario… va bene essere capaci di andare in bici, ma quando è troppo è troppo, e sono caduta. Sono risalita subito in sella ma poi a casa mia mamma si è accorta che avevo delle abrasioni e ovviamente le contusioni iniziavano a farsi sentire.

La sera prima della gara ho finito tardissimo in negozio, la macchina era lontana e camminando ho preso tutto il freddo possibile così quando finalmente è arrivato il giorno della gara avevo febbre e mal di gola.

Nelle qualifiche non sono andata bene, ho trovato parecchio traffico nei miei giri lanciati e alla fine ho spuntato solo il 14° tempo. Lì ho deciso di reagire, nel warm-up ho trovato la concentrazione… e via! Dopo la partenza ero già con le prime, ho risposto a 2-3 attacchi chiudendo sempre il gap ma poi ho fatto un errore tattico arretrando troppo nel gruppo. In quel momento davanti si è aperto un buco, le prime hanno preso vantaggio e nessuno voleva andare a ricucire.

Dopo la gara ero arrabbiatissima per questo errore, se fossi rimasta con le prime mi sarei giocata un posto tra le cinque, magari anche il terzo gradino del podio. Invece ero dietro, sempre alla stessa distanza, ho anche provato ma non avevo la gamba, non stavo bene e non mi sentivo in perfetta forma, con il cuore ci volevo provare ma la testa mi diceva che poi nella terra di nessuno, tra le prime e il gruppo in cui ero, da sola, non sarei mai rientrata e forse avrei compromesso anche la posizione finale. Quindi sono rimasta nel mio gruppetto e ho cercato di fare il meglio sul traguardo.

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Quindi il livello si è alzato molto rispetto allo scorso anno?
Non si è alzato, semplicemente si sono formate due categorie: le atlete che possono pensare solo ad allenamenti e gare e le atlete che il lunedì hanno un lavoro. Se vuoi vincere è preferibile appartenere al primo gruppo. In Francia ho fatto quasi tutta la gara in fuga con Ash (Duban, che poi vincerà il circuito Red Hook 2016, ndr) e non ce la facevamo più, io le dicevo di tirare per non farci prendere dal gruppo dietro e lei ad un certo punto mi fa “Io lunedi lavoro!”. Le ho risposto “Anche io” e abbiamo continuato fino al traguardo. Oggi ci sono molti più atleti che corrono con le fixed, ti ricordi la prima volta che ho corso al Parco Lambro? Eravamo pochissimi, adesso sono così tanti che si fanno due gare.

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Ti alleni da sola?
Ho una piccola squadra di persone che mi segue e che ha un ruolo fondamentale per il raggiungimento dei risultati, sono tutti importanti e l’ordine è mio personale. Daniele che è capace di starmi vicino sempre, anche quando è lontano per lavoro. Paolo Ratti, il mio allenatore. Poi c’è mio papà, che oggi quasi costringo a correre ancora in bici per avere un compagno di uscite ma è così bello avere una passione in comune, sempre pronto ad accompagnarmi in bici o con lo scooter quando faccio dietro motore. Il nonno che a 80 anni guida lo scooter quando papà è impegnato e quindi la mamma… che è sempre la mamma.

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Cosa farai il prossimo anno?
Dopo la Red Hook ancora Red Hook! Visto che mi chiedi ne approfitto per fare una comunicazione ufficiale: non sono più una ciclista professionista! Ho deciso di chiudere la mia carriera Pro su strada continuando a correre solo con la bici a scatto fisso.

Sto valutando delle proposte di lavoro, mi piacerebbe rimanere nell’ambiente, ma vedremo cosa porterà il futuro. Per il momento vi prometto che sentirete ancora parlare di me sulle pagine di Tech-Cycling.


Articolo e foto a cura di Sergio Doria

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