From 0 to 0, sorprendente progetto atletico di Andrea Lanfri

Bicicletta, corsa e arrampicata, dal mare ai monti e ritorno, anche per 24 ore consecutive. Senza gambe e con poche dita delle mani. La straordinaria storia di Andrea Lanfri, 35enne atleta paralimpico dal 2015, pluri-medagliato a livello mondiale, e del suo incredibile progetto “From 0 to 0”. Comunicato Stampa.


Il “From 0 to 0” di Andrea Lanfri
Un’impresa no-stop mai vista prima

L’iniziativa è stata legata a un progetto di solidarietà, finalizzata alla raccolta fondi a sostegno di “Pink is good”, della Fondazione Umberto Veronesi.

Mi presento: sono Andrea Lanfri, classe ’86, appassionato fin da bambino di sport e di montagna. Mi è sempre piaciuto superare ogni limite, anche quando si trattava solo di barriere mentali. Poi, in quel gennaio del 2015, una meningite fulminante con sepsi meningococcica stravolse tutti i miei piani. All’improvviso ho dovuto riprogrammare tutta la vita, e affrontare la quotidianità senza le mie gambe e sette dita delle mani; la malattia, però, non ha scalfito la mia voglia di vivere.

Nel giro di pochi anni sono entrato a far parte della Nazionale Italiana di atletica leggera paralimpica e sono tornato a sognare nelle mie amate montagne, con progetti sempre più ambiziosi.

Durante la primavera mi stavo allenando per il progetto più grande, l’Everest, purtroppo posticipato a causa dell’emergenza sanitaria. Giorno dopo giorno, le mie giornate si sono fatte sempre più variegate: al mattino mi allenavo in bicicletta, al pomeriggio corsa o montagna, cercando sempre di compiere molto dislivello positivo. Così ho cominciato a pensare ad un progetto che potesse unire tutte le mie passioni: la bici, la corsa, la montagna. Ed è nato “From 0 to 0”: ho modificato e intensificato i miei allenamenti, per rendere più completa la preparazione. Ho aggiunto la bicicletta, la corsa su strada, in montagna, soprattutto in salita, la corsa lunga, maratona e ultramaratona, nuoto ed esercizi di respirazione.

Credo che il mio “From 0 to 0” sia un evento unico, mai intrapreso prima da un atleta paralimpico: partenza dal livello del mare in bicicletta, cambio di assetto e scalata fino alla vetta nel minor tempo possibile e ritorno a quota zero. Lungo il percorso, cambio e alterno tre tipologie di protesi, tutte molto diverse fra loro (bicicletta, corsa e trekking/arrampicata/alpinismo in base alle caratteristiche della montagna da scalare).

Ad oggi quattro tappe in programma. E ogni tappa è stata a suo modo unica, diversa dalle altre, ma sempre con l’obiettivo di partire e tornare al mare, però a metà salire una montagna.

L’edizione zero, la prima, si è svolta il 26 settembre 2020, in cui ho voluto celebrare le mie amate Alpi Apuane. Partito da Lerici, in provincia della Spezia, ho percorso i primi 60 km in bicicletta fino alla base del Monte Pisanino (1.946 metri), per poi iniziare la scalata dalla cresta della Bagola Bianca verso la vetta del Re delle Alpi Apuane. Scendendo dalla via normale e tornando a Lerici in corsa. Il tutto in 12 ore no-stop.

Esattamente a un mese di distanza dalla prima impresa, la seconda tappa, “Edizione 1: Monte Etna”. Il 26 ottobre, alle 7 del mattino, è partita l’impresa. In sella alla mia bici a zero metri, da Aci Trezza, frazione di Aci Castello, ho raggiunto in 2 ore e 45 minuti il Rifugio Citelli a quota 1.740 m sul versante nord-est dell’Etna. Totale: 37 chilometri in bici e 1.850 metri di dislivello, tutto in salita.

Al Rifugio Citelli alle ore 10 è avvenuto il mio primo pit-stop. Qui ho sostituito le protesti, da quelle per la bicicletta a quelle più adatte per la camminata in montagna; dopo un brevissimo rifornimento sono partito verso la cresta, in direzione della vetta! La voragine!

La giornata era perfetta, senza nebbia e vento. In più il vulcano era in attività. Non mi sarei mai aspettato di vedere una cosa del genere: una volta affacciato sulla bocca del vulcano il fumo e l’odore di zolfo mi hanno investito completamente, ho visto perfino un po’ di lava saltare all’interno dell’immensa voragine. È stata una grande emozione, mai avrei creduto di vedere un simile spettacolo della natura, le fatiche erano già state ripagate a pieno.

Dopo questo momento intenso è partita la discesa, andando giù in corsa rapidamente verso il rifugio Sapienza, nel versante opposto, ad attendermi c’era mio padre per il secondo cambio protesi, quelle necessarie per raggiungere Catania su strada.

Novanta chilometri in totale, 3.650 metri di dislivello in positivo e altrettanti in negativo, tutti d’un fiato, scegliendo la via più difficile, completando la traversata dal versante nord-est a quello meridionale.

Una piccola edizione, molto più easy delle future in lista, è stata quella sul Monte Serra, dove abito. Un’edizione svolta in occasione della giornata contro la meningite, il 24 aprile, durante la quale ho percorso il tratto in bici da Marina di Pisa alla vetta del monte Serra, 36 km per poi tornare al punto di partenza correndo per altrettanti km. La particolarità è che tutta l’impresa è stata seguita in Live, 5 ore il tempo impiegato.

L’edizione 2, un fuori programma, perché inizialmente non preventivata: Gran Sasso, in una versione “Coast to Coast”. A differenza delle altre sono partito da 0 metri di un mare (Adriatico) e arrivato sempre a 0 metri ma di un altro mare (Tirreno) lungo un avventura di 300 km così divisa: primo step, praticamente tutto in salita, però ripida solo nell’ultimo tratto per 80 km da Montesilvano, poco sopra Pescara in Abruzzo, e per arrivare a Campo Imperatore. Qui ho effettuato il primo cambio protesi, togliendo quelle da bici e, indossando le protesi da “montagna”, ho iniziato a salire il percorso verso la vetta del Corno Grande, ancora con un po’ di neve in giro.

Dopo 2 ore e 30 minuti sono arrivato in vetta, per poi scendere al punto di partenza di Campo Imperatore, dove ad attendermi oltre al pasto c’era la bicicletta, pronta per percorrere gli ultimi 220 km, fortunatamente molti in discesa, verso Ladispoli.

Volevo impiegarci 18 ore, ma sono diventate 23 ore e 40. Tempo complessivo incluso lo stop forzato per colpa di una strada chiusa, l’ho ribattezzata la 24 ore del Gran Sasso.

Arriva quindi l’ultima super edizione: Monte Rosa, nel 2021, in una versione leggermente diversa dalle altre: andata no-stop (Genova – Capanna Margherita), il ritorno diviso in 2 giorni, unendo per la prima volta anche la bicicletta da fuori strada. Diciotto ore e 7 minuti. Una sfida pazzesca, un’avventura unica!

Partenza da Genova al mattino presto, dopo un’abbondante colazione, 225 km con 3.000 metri di dislivello è stato il mio primo step. A Staffal il cambio di protesi alla gambe e poi su per il sentiero per altri 3.000 metri circa di dislivello fino al Rifugio Capanna Margherita, a 4.554 metri sul livello del mare attraversando tutto il ghiacciaio, per poi scendere al Rifugio Mantova, fino a qui tutto no-stop!

Il giorno successivo è iniziata la fase di discesa verso Genova: Il primo tratto prevedeva un sentiero a piedi, poi giù in mountain bike, indubbiamente il pezzo più divertente. Il ritorno a gonfie vele, un po’ complice la discesa ed il vento a favore, fino ad Alessandria. Il giorno dopo l’arrivo al punto di partenza a Genova Voltri, sul mare, passando il Turchino e la fine di questo incredibile “From 0 to 0”.

Il Monte Rosa era, per il momento, l’ultima edizione programmata di questo particolare progetto, nato nella fase post-Covid per rimpiazzare le spedizioni extra-italiane che non potevano essere svolte. Ma non nascondo che in futuro ci potranno essere ulteriori edizioni e magari anche extra-italiane o extra-europee.

Un’esperienza che è servita ad Andrea come allenamento fisico ma anche psicologico. In queste avventure la mente è determinante, può dire basta, pensare di fare tanti chilometri in bici poi altrettanti a piedi… la difficile gestione delle protesi… bisogna tenere duro.

Ma c’è anche quel pizzico di orgoglio per un evento mai fatto prima. È stato veramente bello, mi sono gestito i cambi di protesi e ho fatto percorsi in notturna, lunghe uscite in bicicletta, conosciuto ed esplorato posti stupendi e sfidato costantemente i miei limiti! Alla fine del periodo in ospedale mi ero promesso che dopo tutto sarei tornato a fare le stesse cose che facevo prima della malattia. Beh, posso dire che mi sono sbagliato in pieno, perché ora faccio molto di più di prima!



– Sito web Andrea Lanfri


Impaginazione e grafica: Roberto Chiappa

Testo: © Andrea Lanfri (Ufficio Stampa)
Foto: © Ilaria Carriello

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