Paris-Roubaix, una gara dura come le pietre

Domenica 13 Aprile si disputerà la 112esima edizione di questa gara unica, mitica e granitica, come lo sono stati tutti i suoi vincitori. Lunga 259 km, un terzo dei quali distribuiti su 28 settori di pavé, è considerata la Regina di tutte le Classiche. Una gara per uomini duri, che sfugge a qualunque canone, tanto da meritarsi l’appellativo di “Inferno del Nord”.
Stradine di campagna, lastricate, polverose, a volte anche fangose, poca visibilità per chi sta dietro, buche insidiose. E si cade. Allora tutti cercano di farsi largo per rimanere davanti. E, a volte, si cade anche lì.
Le previsioni meteo per domenica sono buone, così come lo sono state in questi ultimi giorni. I corridori troveranno dunque terreni asciutti e polverosi. Ma ciò non allevierà più di tanto le loro fatiche, perché il pavé non concede sconti a nessuno. Va affrontato a velocità sostenuta, al massimo o quasi delle capacità metaboliche, cercando di sorvolare gli spazi tra una pietra e l’altra. Perché più si va piano, e più si soffrono le sconnessioni del terreno. Qui le biciclette vengono sollecitate fino all’ultimo millimetro cubo di materia. Telai lunghi, per assorbire meglio le asperità, e bassi, per conservare una buona maneggevolezza. Tubolari da 27 o 28 mm di sezione. Ruote assorbenti, le alto profilo sono bandite, si può azzardare un 50 mm, non di più. E per molti corridori, pieghe manubrio con doppia imbottitura nastro.


L’inizio del pavé nella Foresta di Arenberg

Ventotto settori di pavè per un totale di 51 km. Ogni settore diverso dall’altro, ognuno ha la propria “pelle”, da accarezzare ove più liscia (solitamente a bordo strada) oppure da affrontare di forza, come fosse una rasatura maschia.
Il primo settore di pavé lo si incontra al 97esimo km, ed è quello di Troisvilles, lungo 2.2 km. L’organizzazione della corsa, la ASO, che gestisce anche il Tour de France, classifica questo settore tra quelli di media difficoltà, assegnandogli tre stelle. I settori più impegnativi sono quelli che hanno consacrato la corsa a mito. La Foresta d’Arenberg, micidiale per la grandezza delle sue pietre. Mons-en-Pévèle, che sembra non finire mai. Le Carrefour de l’Arbre, dove solitamente avviene la selezione finale.

28 – Troisvilles (97.5km – 2.200 m) ***
27 – Viesly (104km – 1.800 m) ***
26 – Quiévy (106.5km – 3.700m) ****
25 – Saint-Python (111km – 1.500m) **
24 – Solesmes (119.5km – 800m) **
23 – Saulzoir (126km – 1.200m) **
22 – Verchain-Maugré (130.5km – 1.600m) ***
21 – Quérénaing – Famars (135km – 1.200m) **
20 – Monchaux-sur-Ecaillon (140.5km – 1.600m) ***
19 – Haveluy (153km – 2.500m) ****
18 – Trouée d’Arenberg (161.5km – 2.400m) *****
17 – Wallers – Hélesmes, aka “Pont Gibus” (167.5km – 1.600m) ***
16 – Hornaing (174.5km – 3.700m) ****
15 – Warlaing – Brillon (182km – 2.400m) ***
14 – Tilloy – Sars-et-Rosières (185km – 2.400m) ****
13 – Beuvry-la-Forêt – Orchies (191.5km – 1.400m) ***
12 – Orchies (196.5km – 1.700m) ***
11 – Auchy-lez-Orchies – Bersée (202.5km – 2.700m) ****
10 – Mons-en-Pévèle (208km – 3.000m) *****
9 – Mérignies – Avelin (214km – 700m) **
8 – Pont-Thibaut (217.5km – 1.400m) ***
7 – Templeuve – Moulin de Vertain (223.5km – 500 m) **
6 – Cysoing – Bourghelles (230km – 1.300m) ****
Bourghelles – Wannehain (232.5km – 1.100m) ***
5 – Camphin-en-Pévèle (237km – 1.800m) ****
4 – Le Carrefour de l’Arbre (240km – 2.100m) *****
3 – Gruson (242km – 1.100m) **
2 – Hem (249km – 1.400m) **
1 – Roubaix (256km – 300m) *


Francesco Moser alla Paris-Roubaix del 1980

Scorrendo l’Albo d’Oro di questa corsa, si trovano solo campioni. I più titolati, con quattro successi, sono i belgi Roger De Vlaeminck (1972, 1974, 1975 e 1977) e Tom Boonen (2005, 2008, 2009 e 2012). Moltissimi i triplici vincitori, tra i quali non manca ovviamente Eddy Merckx (1968, 1970, 1973). Ma l’unico nel dopoguerra in grado di vincere tre edizioni consecutive fu il nostro Francesco Moser (1978, 1979, 1980). Prima di lui, ci riuscì il francese Octave Lapize (1909, 1910, 1911).


Il podio 2013: 1° Cancellara, 2° Vanmarcke, 3° Terpstra

Quest’anno il lotto dei pretendenti alla vittoria è molto agguerrito. Campione in carica e favorito d’obbligo, lo svizzero Fabian Cancellara (Trek World Racing) correrà con addosso l’etichetta di “nemico pubblico N.1”, ma anche con la consapevolezza dei propri mezzi atletici e tattici, che gi hanno consentito di sbaragliare la concorrenza settimana scorsa al Giro delle Fiandre. Non potrà contare sul lavoro del team-mate Stijn Devolder, ancora fermo causa caduta al Fiandre. Ma “Spartacus” riesce ad esaltarsi anche nell’allucinante sfida “uno contro tutti”.

I corridori belgi, che hanno vinto 55 edizioni della gara sulle 111 fin qui disputate, sono ben rappresentati da un ampio numero di candidati al titolo. A iniziare da Greg Van Avermaet (BMC Racing), apparso in forma splendente al Fiandre, dove ha perso con l’onore delle armi. Veloce e potente quanto basta per galleggiare sui sassi, potrebbe mettere a segno il numero che non gli è riuscito domenica scorsa.

Altro belga da tenere d’occhio è il 25enne Sep Vanmarcke (Belkin Pro Cycling), sul podio fiammingo sette giorni fa, molto bravo a inserirsi intelligentemente nelle azioni di gara che contano. L’anno scorso, in maglia Blanco, giunse secondo dietro Cancellara, e quest’anno vorrebbe sicuramente ritrovarsi sul podio a posizioni invertite.

Il terzo belga da inserire tra i potenziali vincitori è Tom Boonen (Omega Pharma-Quick Step), l’unico ancora in grado di riscrivere la storia della corsa. Se riuscisse a vincere, andrebbe a quota cinque successi, come mai nessuno prima. Il Boonen visto al Fiandre non è però in grado di infastidire i migliori. Gli occorre una maggior tenuta alla distanza e un cambio di passo nei momenti decisivi. Qui però non ci sono i “muri” fiamminghi e le sue gambe potrebbero reggere meglio.

Lo slovacco Peter Sagan (Team Cannondale) rappresenta una delle incognite di gara. Potenzialmente in grado di aggiudicarsi qualsiasi competizione di un giorno, a prescindere dal terreno su cui si corre, nella sua ancor breve ma intensa carriera non è mai riuscito a centrare la vittoria in una Classica di primo piano (eccetto l’Amstel 2013), dando prova di soffrire – soprattutto nel finale – la condotta di gara di campioni più esperti e affermati.

Mine vaganti sulla strada per Roubaix sono l’americano Taylor Phinney (BMC Racing), autore di una bella fuga di gruppo al Fiandre e poi penalizzato da una foratura, il norvegese Alexander Kristoff (Team Katusha), che al Fiandre avrebbe potuto anche giocarsi la vittoria se avesse trovato maggiore collaborazione nel gruppo degli immediati inseguitori, l’olandese Niki Terpstra (Omega Pharma-Quick Step), terzo l’anno scorso, altra vittima sacrificale dello scarso collaborazionismo del Fiandre, il ceco Zdenek Stybar, compagno di Boonen e Terpstra, che arrivando dal ciclocross potrebbe far saltare il banco come accaduto in passato al grande Roger De Vlaeminck.


In gara anche il belga Johan Vansummeren (Team Garmin-Sharp) che però, pur avendo vinto la Roubaix nel 2011, difficilmente potrà trovarsi nella condizione di lottare per il primo posto, visto il recente drammatico incidente occorsogli al Giro delle Fiandre e agli incubi che ancora lo assillano.


Luca Paolini (Team Katusha) nella Foresta di Arenberg

I colori italiani in gara saranno rappresentati dall’intero Team Lampre-Merida, del quale Filippo Pozzato ne è il capitano, da Luca Paolini (Team Katusha), in ottima forma ma costretto a obblighi di gregariato in favore di Alexander Kristoff, e da qualche altro buon atleta che potrebbe mettersi in luce durante la gara, senza però poter puntare al bottino più grosso.
E se l’ultimo trionfo italiano in questa corsa è targato Andrea Tafi 1999, un motivo ci dovrà pur essere.


Il Team Belkin Pro Cycling in ricognizione lungo il settore di pavé del “Moulin de Vertain”


Articolo a cura di Roberto Chiappa

Foto: TDWsport, Bettini photo

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