Mondiale uomini elite, Peter Sagan eroe dei tre mondi

Richmond 2015, Doha 2016, Bergen 2017. America, Oriente arabo, Europa. Tre Mondiali in tre continenti diversi. Un unico vincitore. Lo slovacco Peter Sagan fa tris consecutivo, numero mai riuscito nella storia dei Mondiali, battendo al fotofinish l’idolo locale, il norvegese Alexander Kristoff. Vittoria incredibile, vittoria “alla Sagan”.


Era il “pericolo N.1”, su un percorso adatto ai velocisti. E Peter Sagan non ha deluso. Mai nessuno era riuscito a vincere tre Mondiali consecutivi. Lui sì, primo nella storia. E nell’albo d’oro affianca fenomeni come il nostro Alfredo Binda (1927, 1930, 1932), eroe di un ciclismo lontano quasi un secolo, il belga Rik Van Steenbergen (1949, 1956, 1957), il volpone spagnolo Óscar Freire (1999, 2001, 2004) e naturalmente il “cannibale” Eddy Merckx (1967, 1971, 1974). Quattro Mondiali, finora, non li ha vinti ancora nessuno. Considerato che Sagan compirà 28 anni a gennaio 2018, è facile pensare che alla storia del ciclismo si aggiungerà un nuovo capitolo, firmato dal fuoriclasse slovacco.

Se a Richmond 2015 aveva vinto con un’azione da “finisseur” e a Doha 2016 in Qatar aveva condotto gara nel gruppo di testa capeggiato dalla pattuglia belga, qui a Bergen (N) “Terminator” Sagan lo si è visto solo negli ultimi 400 metri. All’inizio dell’ultimo giro, ai -15 km, navigava in 58esima posizione, e ai -2 km era nel pacchetto dei primi 25. Poi, l’esperienza, la perfetta scelta di tempo, la progressione e la materializzazione tra i battistrada decisi a giocarsi il titolo in volata. Tutto perfetto.

E volata è stata, decisa al fotofinish, perché né lui né Alexander Kristoff (N) erano certi del risultato. Poco meno di mezza ruota, questa la misura del successo di Sagan. Meritatissimo, perché non ha sbagliato nulla e non si è lasciato coinvolgere dalla tattiche delle varie squadre intenzionate a isolare l’asso slovacco. Tattiche che, a onor del vero, sono risultate un po’ all’acqua di rose, su un percorso lungo 267 km ma poco selettivo dal punto di vista tecnico.

Fuga iniziale condotta da 10 uomini, definitivamente acciuffati dopo 160 km. Altro attacco ai -70 km, promosso dall’austriaco Marco Haller e dal belga Tim Wellens, cui si aggregavano altri 6 coraggiosi, tra i quali anche il nostro Alessandro De Marchi. Trenta km, e il vantaggio di 40” accumulato dagli otto veniva azzerato.

Ai -30 km, sull’ascesa di Salmon Hill, si muoveva il tulipano Tom Dumoulin, che dopo l’iride a cronometro voleva tentare il colpaccio anche nella corsa in linea. Ma il gruppo rintuzzava puntualmente. Ai -10 km il francese Julian Alaphilippe provava la sortita, sulla sua ruota si metteva il nostro Gianni Moscon e i due allungavano di 8” sugli inseguitori. Ma ai -5 km Moscon cedeva, e ai -2 km tutto tornava come prima. Fino a quel punto, nessuno aveva visto Sagan, sempre nascosto chissà dove. Ma come nel film “Terminator”, il cyborg slovacco si materializzava improvvisamente sul più bello, e per gli avversari si faceva notte fonda.

Sagan dedicava poi il proprio successo alla moglie Katarina, all’ottavo mese di gravidanza, e all’amico Michele Scarponi, che domani avrebbe compiuto 38 anni. Lo slovacco si è dimostrato anche molto corretto porgendo le proprie scuse a Kristoff, campione europeo in carica, per averlo battuto in casa. Un fenomeno come Sagan, nel ciclismo, sembra non esserci mai stato.

Dietro ai due di testa, il solito consistente Michael Matthews (AUS), secondo a Richmond 2015 e quarto a Doha 2016. E poi il nostro Matteo Trentin, forse l’uomo più in forma della Nazionale italiana, che però non è riuscito a capitalizzare il buon lavoro della compagine azzurra, cui va il merito di avere disputato una corsa tatticamente accorta, senza rischi e senza perdere terreno sui possibili protagonisti. Il problema, per noi, è la mancanza di tenori in grado dell’acuto vincente in gare come questa.

Ordine d’arrivo
Peter Sagan (Slovakia)
Alexander Kristoff (Norway)
Michael Matthews (Australia)
Matteo Trentin (Italy)
Ben Swift (Great Britain)
Greg Van Avermaet (Belgium)
Michael Albasini (Switzerland)
Fernando Gaviria Rendon (Colombia)
Alexey Lutsenko (Kazakhstan)
Julian Alaphilippe (France)
Michal Kwiatkowski (Poland)
Soren Kragh Andersen (Denmark)
Tony Gallopin (France)
Zdenek Stybar (Czech Republic)
Vasil Kiryienka (Belarus)
Viacheslav Kuznetsov (Russia)
Philippe Gilbert (Belgium)
Sergei Chernetski (Russia)
Rui Costa (Portugal)
Simon Geschke (Germany)
Time
06:28:11
st
st
st
st
st
st
st
st
st
st
st
st
st
st
st
st
st
st
st


Articolo a cura di Roberto Chiappa

Foto: © Bettini photo – © TDW Sport

Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.I campi obbligatori sono evidenziati *

*